Perché gli avverbi di modo e i gerundi sono nemici degli scrittori?

categoria scrittura

Perché gli avverbi di modo sono nemici degli scrittori?

Cari amici delle storie,

oggi parliamo degli avverbi di modo, in particolare di quelli che finiscono in “-mente” (velocemente, amabilmente, lentamente, dolcemente…) e perché questi avverbi, così comuni nell’eloquio italiano, sono nemici degli scrittori in quanto appesantiscono la narrazione.

Per Stephen King “la strada per l’inferno è lastricata di avverbi.”

Quando scrivi un romanzo presta molta attenzione agli avverbi e agli aggettivi: il loro cattivo uso può essere sinonimo di una scrittura povera e non affascinante. Sono scorciatoie narrative che tendono a impoverire le immagini che inventi, creando una distanza tra la scena descritta e chi legge. Ad esempio, potresti descrivere un personaggio come “pauroso” oppure “emozionato”, invece di raccontare una vicenda che ci mostri l’intensità e le forme della sua paura e della sua emozione. Ricorda di non fare confusione tra aggettivo e avverbio.

Un uomo forte AGGETTIVO

Le strinse forte la mano AVVERBIO

L’avverbio è sempre legato a un verbo e non è declinabile. Gli avverbi e gli aggettivi vanno dosati, inseriti sapientemente in modo originale, malizioso, furbo, inaspettato. Se li usi in modo efficace, la tua pagina acquisirà un colore particolare.

Per Mark Twain esisteva una regola: “quando siete in dubbio, cancellatelo”.

L’avverbio in “-mente” non è il male di per sé, non c’è niente di formalmente sbagliato a usarlo in un discorso, in un articolo, in un testo. Se li insegnano a scuola, infatti, vuol dire che servono a qualcosa. Noi però siamo scrittori di narrativa e dobbiamo affrontare l’argomento da un diverso punto di vista. Sappiamo bene che, in quanto scrittori di romanzi, il nostro scopo è quello di creare storie che il lettore apprezzi, in cui possa immergersi e innamorarsi, farsi trascinare dagli eventi e che non abbia difficoltà a immaginare i personaggi e le ambientazioni che abbiamo creato per lui. (Se non lo sai, leggi questo mio articolo sull’argomento).

Per fare questo dovremo creare un testo il più possibile immersivo per il lettore. Per renderlo immersivo dobbiamo fare in modo che le scene che andremo a creare siano ricche dei giusti dettagli. I dettagli devono essere scelti con oculatezza e devono esse efficaci alla narrazione. Questo per dire che dettagli vaghi e azioni fumose portano al risultato opposto di quello che staremo cercando: scrivere bene. Il problema degli avverbi in “-mente” è proprio questo: la loro vaghezza. Il loro utilizzo rende povera la prosa di dettagli. Purtroppo, capita spesso di leggere libri di autori italiani in cui si abusa degli avverbi in “-mente”.

Nella lingua italiana gli avverbi di modo sono molto comuni.

Gli avverbi di modo (o qualificativi) indicano il modo con cui si svolge un fatto espresso da un verbo, un aggettivo o un altro avverbio o aggiungono una sfumatura al significato del verbo, come ad esempio: bene, male, volentieri, lentamente, piano, forte, ecc. Pensate a quante volte li pronunciamo nei nostri discorsi. Della famiglia degli avverbi ci sono quelli formati con il suffisso in “-mente”: stranamente, filosoficamente, brutalmente, gentilmente.

Gli avverbi di modo: segnali di azioni poco dettagliate.

Gli avverbi qualificativi o di modo: sono spesso colpevoli di rendere le frasi meno incisive e le azioni meno vivide. Quando scriviamo, l’obiettivo è coinvolgere il lettore, trasportandolo direttamente nell’universo che stiamo creando. Gli avverbi di modo, tuttavia, possono diventare un indicatore che stiamo trattando le azioni in modo superficiale e generico.

Ad esempio, sostituire un’espressione come “Alessio corre rapidamente” con un verbo più descrittivo e specifico, come “Alessio sfreccia“, non solo accresce l’efficacia della frase, ma permette anche al lettore di immaginare l’azione in modo più vivido. Eliminando gli avverbi di modo, gli scrittori possono rendere il loro stile più incisivo e coinvolgente.

Alberto è vestito male.

Lucia scrive bene.

Giovanni corre velocemente.

Sono tutti esempi di avverbi vaghi e in narrativa, abbastanza inutili. Se è importante per il lettore sapere come è vestito Alberto, come scrive Lucia o quanto corre forte Giovanni, dovremmo descriverlo in maniera dettagliata, altrimenti significa che non è importante.

Avverbi in “-mente”: dove possono trovare il loro spazio?

Uno scrittore competente può decidere quando usare gli avverbi in “-mente” oppure quando non è proprio il caso. In alcune situazioni questi avverbi possono essere un elemento utile, ma è fondamentale capire il contesto in cui utilizzarli. Un utilizzo efficace può essere quello di impiegarli nei dialoghi o nei pensieri dei personaggi, proprio come fanno le persone nella realtà. Pensate a quanto gli avverbi vengono utilizzati nei dialoghi reali dalle persone. Per questo motivo, se usati con perizia, questi avverbi possono aggiungere una sfumatura di realismo e autenticità alla narrazione. Tuttavia, quando si tratta di descrivere azioni o scene, dobbiamo essere cauti nel loro utilizzo. Nella narrativa moderna, è cruciale dipingere le immagini con pennellate dettagliate e vivide. L’uso eccessivo degli avverbi in “-mente” può compromettere questo obbiettivo, rendendo le descrizioni meno nitide e i dettagli meno evidenti. Invece di affidarsi agli avverbi di modo, dovremmo cercare di trovare verbi più ricchi e descrittivi per catturare l’attenzione del lettore. Gli avverbi in “-mente” sono una cartina di tornasole, un segnale di allarme, che non stiamo scegliendo le migliori parole per descrivere l’azione e la scena. Un segnale che non stiamo seguendo la narrazione “qui e ora” come richiesto dalla narrativa immersiva. L’avverbio modale in “-mente” è come un mini-riassuntino, un modo pigro di descrivere un’azione o una scena. Dobbiamo tenerne di conto quando scriviamo. La qualità della nostra prosa ne trarrà enorme beneficio.

Gerundio: Un alleato o un nemico?

Anche i verbi in gerundio, se usati impropriamente, possono indebolire la forza della scrittura. Purtroppo, anche di questi verbi se ne abusa nei romanzi italiani. Un utilizzo eccessivo del gerundio può rendere la prosa monotona e priva di dinamismo. Tuttavia, quando applicato con parsimonia, il gerundio può conferire un ritmo particolare e una fluidità alla narrazione. Bisogna essere abili a sincronizzare la durata del verbo al gerundio con la frase che stiamo descrivendo. Spesso i gerundi vengono utilizzati subito dopo un dialogo. Il problema è che la durata dell’azione descritta dal verbo al gerundio è spesso diversa (molto più lunga o corta) al tempo necessario a pronunciare la battuta. Questi sfasamenti tra la durata di azione e parlato distruggono l’immersione.

«Basta. Non ne posso più di questi discorsi» disse Alberto uscendo e sbattendo la porta alle sue spalle.

Seppur la sincronia in questa frase si sfasata di poco, è comunque irrealistico che Alberto pronunci la battuta di dialogo proprio mentre esce e si sbatte la porta alle spalle.

Il problema è che spesso, specialmente quando siamo alle prime armi, vediamo nel gerundio un amico per aggiungere azioni ai dialoghi e alle battute dei nostri personaggi per renderle meno noiose e per aggiungere dettagli. Vero, ma queste azioni andrebbero gestite tramite dei beat: semplici azioni compiute e concluse nel presente narrativo.

«Basta. Non ne posso più di questi discorsi.» Alberto uscì dalla stanza e sbatté la porta alle sue spalle.

A volte è la nostra pigrizia che ci porta a non descrivere al meglio le scene che stiamo scrivendo. Ma ne parleremo in maniera più approfondita quando affronteremo i dialoghi.

Leggiamo questa frase presa da un racconto.

“Viola sta mangiando un cioccolatino, lo scarta sorridendo e l’assapora intensamente…”

Come vi sembra? È un po’ troppo vaga non vi pare?

Proviamo a modificarla.

“Viola allunga una mano verso la scatola di Ferreno Rocher. Ne prende uno tra pollice e indice, le unghie lunghe sono smaltate di un rosso acceso. Mi sorride, i suoi occhi hanno un bagliore di soddisfazione. Gratta via il piccolo sigillo e scarta la stagnola d’orata, che ricopre il cioccolatino. La carta viene via con un crepitio e Viola si porta davanti al naso la pallina ricoperta di granella di nocciole. Inspira e socchiude gli occhi. Avvicina il cioccolatino alla bocca e ne stacca un piccolo morso con i denti candidi. Chiude la bocca, stringe le labbra e assapora il cioccolatino. Alza le spalle ed emette un mugolio di soddisfazione. «Mmm… li adoro.»”

Cosa ve ne pare adesso? La scena risulta più vivida? Scrivere in questo modo renderà l’esperienza di lettura molto più evocativa per il lettore, che percepirà dettagli vividi e la scena si presenterà ai suoi occhi più dettagliata. Inoltre, quante informazioni si possono passare al lettore se si scrive una scena più dettagliata? Pensateci. Abbiamo comunicato che Viola adora i Ferrero Rocher. Tiene alla sua persona perché si prende cura delle sue unghie, che tiene laccate, e ha denti candidi. “Mi sorride” e quindi è ben disposta verso di me (il punto di vista della scena). Ovviamente abbiamo utilizzato un numero maggiore di parole, ma non è questo l’importante. Se la scena è necessaria e importante per la trama allora va scritta bene e deve rendere il giusto servizio al lettore. Se invece non è importante e non assolve ad alcuna funzione, è superflua e va tagliata.

In conclusione, gli avverbi di modo e i verbi in gerundio, se usati con attenzione, possono arricchire la narrazione, ma se impiegati in modo eccessivo o improprio, possono indebolire la forza espressiva del testo. Per aspirare a una narrativa immersiva e coinvolgente, gli scrittori dovrebbero concentrarsi su verbi più descrittivi e precisi, riducendo l’uso di avverbi di modo e bilanciando l’impiego del gerundio. In questo modo, potranno trasformare la loro prosa in un’esperienza letteraria vibrante e indimenticabile.

Spero che questo articolo ti sia stato utile. Ti auguro il successo letterario che meriti.

Con affetto,

favicon firma patrick landi

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